Il cervello pensa

Ti sei mai fermato a pensare al cervello come ad un senso al pari di vista e udito? Cosa succede quando iniziamo a comprendere di non essere i nostri pensieri? Chi sei tu se non sei ciò che senti, ciò che vedi, ciò che pensi?

Buon giorno viaggiatori, qui Gaia Castiglioni, la vostra creatrice di soglie.

Loro sono il duo di Impact Theory e nella puntata da cui prendiamo spunto a Women of Impact c’è la dottoressa Nicole LePera; Psicologa olistica autrice di libri come Manifesto dell’autoguarigione. 

Partiamo subito con una di quelle considerazioni scontate eppure non apprese: il cervello pensa.

Si, esatto: così come le orecchie ascoltano e gli occhi vedono, il cervello pensa.

Così come noi non siamo le cose che vediamo ed ascoltiamo, allo stesso modo non siamo nemmeno i nostri pensieri.

Tutto stà nel rendersi conto di due aspetti cruciali per quanto a prima vista semplici: l’attenzione e la scelta.

Usiamo l’esempio che la dottoressa LePera propone per capire meglio cosa intendiamo dicendo che il cervello pensa e che tutto ciò che ne succede deriva da due aspetti definiti attenzione e scelta.

Ho scritto al mio compagno ed è più di un’ora che non risponde.

Questo è il pensiero.

La nostra mente, da tempo immemorabile, cerca significato in ogni cosa quindi saremo tentati di andare oltre al semplice dato di fatto per cercare una motivazione, questa ricerca determina tutto l’eventuale stress e la risposta emotiva che metteremo in atto.

“Non mi scrive….non mi considera, non sono importante”

Questo significato, che vado a sovrascrivere al puro dato oggettivo, è frutto del mio opponente, del sabotatore interno, delle mie paure, delle credenze limitanti. Avrei potuto benissimo assegnare tutt’altro significato come “si sta divertendo” o non assegnarne nessuno prendendo i fatti semplicemente per quello che sono.

Per farlo avrei dovuto creare un momento di vuoto, uno spazio nel quale, consapevole delle mie vulnerabilità, mi permetto di considerare se vale la pena porci o meno attenzione, se è un pensiero costruttivo a cui voglio dedicare energia o se è meglio dirigere la mia attenzione altrove. 

Questa scelta, la faticosa scelta di uscire dalla propria narrativa ci porta a riflettere su altri due aspetti ai miei occhi molto interessati:

Sono consapevole delle mie vulnerabilità? Delle mie insicurezze? Della reale motivazione per cui eventi anche diversi tra loro mi pungono sul vivo facendomi re-agire?

Sono consapevole di cosa ho bisogno ora?

Quante volte ad esempio prendiamo in mano il telefono alla prima notifica, al primo squillo lasciandoci sopraffare da stimoli esterni senza nemmeno mettere in discussione che sia quello di cui abbiamo bisogno, quello verso cui vogliamo dirigere la nostra attenzione, ora.

Siamo così abituati a delegare la responsabilità all’esterno che raramente ci rendiamo conto di essere responsabili delle storie che scegliamo di raccontarci e delle conseguenti emozioni che provocano in noi.

Per tornare ad essere padroni della nostra vita dobbiamo iniziare a porre attenzione alla differenza tra dato oggettivo e narrativa interna.

Il viaggio che si prospetta, quest’imparare a porre attenzione al cervello pensante per scegliere dove dirigere la nostra volontà, per quanto difficile è di sicuro interessante.

Facciamolo col cuore alto.

“I pensieri sono neuroni che si attivano nel cervello.” Questo e molto altro è ciò che potrai trovare nell’intervista completa che sta alla base di quest’articolo.

Storie per riflettere

Cosa fare quando ci sentiamo in attesa? Quando la vita ci sembra difficile ed ingiusta? Esiste un rimedio all’insoddisfazione, alla rabbia, che capita di provare?

“Quando si è tristi [ma mi permetto di dire stanchi, appesantiti, nervosi] la cosa migliore da fare è apprendere qualcosa.

Questo è l’unico rimedio infallibile. Puoi diventare vecchio e tremante nel corpo, puoi restar sveglio la notte prestando attenzione ai disturbi delle tue arterie, puoi sentire la mancanza del tuo unico amore, vedere il mondo circostante devastato da perfidi folli o sapere che il tuo onore viene calpestato e gettato nelle cloache da menti abiette. 

C’è un unico rimedio, allora, per questo: apprendere. 

Capire perché il mondo si muove e che cosa lo muove. 

Questo è l’unico argomento che la mente non può mai esaurire, da cui non può mai essere tormentata, che non può temere e di cui non può diffidare né rammaricarsi. Conoscere è quello che ti ci vuole. Guarda quante cose vi sono da imparare! Scienza pura, l’unica purezza che esista. 

Puoi apprendere l’astronomia nel corso di una vita, la storia naturale in tre, la letteratura in sei. E poi, dopo aver esaurito un miliardo di vite per medicina, biologia, teocritica, geografia, storia ed economia… ebbene, puoi cominciare a costruire una ruota da carro col legno giusto, oppure trascorrere cinquant’anni cominciando a imparare come battere il tuo avversario nella scherma. Dopo di che potrai ricominciare da capo con la matematica, fino a che non sarà giunto il momento di imparare ad arare la terra.”

Che tu possa trovare pace nell’apprendere, serenità nell’attraversare la soglia della novità. Cuore alto.

Minimalismo digitale

Quante volte abbiamo sentito lo slogan “tu vali”? Siamo in grado di comprendere davvero cosa s’intende con questa affermazione? E ancora, quante volte nonostante il nostro riempirci l’agenda ci siamo sentiti insoddisfatti, come se la felicità fosse altro?

Buon giorno viaggiatori, qui Gaia Castiglioni, la vostra creatrice di soglie.

Quella dalla quale ci affacciamo oggi è una delle mie soglie preferite a proposito di tempo ed organizzazione: lei è Melissa Ambrosini e lui, l’intervistato al Melissa Ambrosini Show, è Cal Newport autore di Minimalismo digitale. 

Partiamo dal fantastico finale di questa interessantissima puntata data la consapevolezza che cos’è il minimalismo digitale in sè lo sappiamo ormai tutti e tanto se ne è parlato soprattutto dopo l’uscita di film come “the Social dilemma”.

Cal ci parla del “vuoto in agenda”:

controllare che all’interno dell’ agenda, settimanalmente, ci sia dello spazio libero per sè stessi, per fare niente. 

Non è uno spazio di benessere o di rumore ma un vuoto appunto in cui poter essere, semplicemente, nella consapevolezza che la vita è abile a sorprenderci con imprevisti e possibilità manco fosse il Monopoli.

Le sfide che si aprono in questo momento si possono dividere in due macro categorie: avrete bisogno di legittimare quel tempo facendo cose o lo lascerete passare senza dargli valore?

Mi spiego meglio.

Per quanto siamo esseri di Natura qualcosa dentro di noi ci fa sentire in colpa se facciamo la foglia o il gatto durante le nostre giornate, se rimaniamo immobili alla finestra ad osservare le nuvole ed i pensieri scorrere o se camminiamo senza una meta o un sottofondo così, senza direzione, lasciandoci guidare dalle impressioni, da un cartello, da un’idea passeggera. 

Appena abbiamo un buco nella nostra vita un sacco presa ed impegnata, ecco che ci infiliamo la cena con le amiche, la lezione di yoga, quel film che volevamo tanto vedere. tutte cose che sono bellissime e di valore, MA sono anche altro fare che si aggiunge al fare quotidiano

Nessun momento di sosta per processare, per ricordarci che siamo vivi a prescindere da quante attività o skills completiamo in un giorno. 

E qui troviamo la secondo macro categoria: quando la nostra mente chiede un tempo per riposare, quando ci sentiamo sopraffatti e stanchi, al posto della famosa camminata a caso fatta per perdersi e lasciar andare, restare in presenza del vuoto in maniera consapevole iniziamo a scorrere le app all’interno del dispositivo mobile di nostro possesso e ci perdiamo si, ci perdiamo il tempo e la possibilità di fare qualcosa di nuovo ed assolutamente controcorrente: niente. 

Che siate della prima o della seconda categoria quello che ci risulta lampante è che abbiamo difficoltà a sentirci legittimati di esistere quando non ci impegnamo nel fare qualcosa, che sia mentale, utile o meno.

Ad un certo punto dell’evoluzione il fare ha scavalcato l’essere in importanza.

Quindi oggi fai qualcosa di davvero rivoluzionario: ozia. 

Siediti comodo alla finestra e guarda fuori, osserva la tua mente riempirsi di liste di cose da fare, diglielo “bla bla bla”, osserva il corpo e la tentazione che ci siano cose molto più importanti che richiedono la tua attenzione e stiracchiati come i gatti prima di tornare ad acciambellarsi al divano, come una foglia, come un sasso sulle rive del torrente, come un essere umano che riconosce il suo valore al di là di quanto produce, di quanto realizza, di quanto fà. 

E mentre ti godi il tuo essere vivo, tieni il cuore alto.

Se vuoi ascoltare l’intervista originale da cui ho preso spunto per quest’articolo clicca sul link.

https://melissaambrosini.com/podcast/digital-minimalism-doing-deep-work-quitting-social-media-cal-newport/

Invece se vuoi approfondire ti lascio l’intervista di Cal Newport ad Impact Theory

Cosa fare con quei 1440 minuti che abbiamo a disposizione ogni giorno

Esiste un modo per organizzare al meglio una giornata? Come possiamo capire a cosa dare spazio, navigare la quotidianità senza perdere di vista ciò che ci fa crescere come persone?

Buon giorno viaggiatori, qui Gaia Castiglioni, la vostra creatrice di soglie.

Anche oggi per l’orizzonte che si spalanca davanti a noi appena oltre la soglia dobbiamo ringraziare una italiana, lei è Cecilia Sardeo ed in una delle puntate del suo Ceci Weekly parla della Eisenhower box, un modo per imparare a gestire il tempo.

Il tempo. 

Abbiamo tutti 1440 minuti ogni giorno eppure non sempre sappiamo usarli al meglio.

Prima di tutto diciamocelo, non è che abbiamo capito davvero che il tempo è il più grande valore che possediamo:

“Quando il tempo è passato, è passato… e la vita è tempo”

Bisogna ammetterlo: spesso procediamo spinti dall’idea di una vita come montagna da dover scalare a tutti i costi; montagna che, come la metafora, capita di non mettere mai in discussione.

Procediamo a testa bassa, andiamo, senza fermarci, senza chiederci cos’è per noi davvero importante, quali sono le nostre priorità ORA, coltivando amore per la messa in discussione ed un sano dubbio su quale sia la fonte del nostro avanzare consapevoli che le nostre priorità sono spesso soffocate dalle idee della società, dei nostri genitori, ma anche di ciò che credevamo vero e giusto a dieci anni, le nostre priorità ORA. 

Ma torniamo ad Eisenhower; egli diceva:

“ ciò che è importante è raramente anche urgente…

quello che è urgente è raramente anche importante”

Ma cos’è urgente? Cosa s’intende per qualcosa di importante?

Urgente è qualsiasi cosa a cui ci viene da re-agire: mail, telefonate, notifiche del telefono o lettere; generalmente con scadenza a breve termine.

Importante d’altra parte è tutto quello che contribuisce ed alimenta la nostra missione, la big picture, generalmente stiamo parlando di una visione a lungo termine che però rispecchia i nostri valori e le nostre priorità.

Ci sentiamo impegnati, sempre di corsa, focalizzati su tutto ciò che ha una scadenza a breve termine, rincorriamo il tempo, non lo gestiamo e nemmeno ci surfiamo. 

Pensiamo che le cose urgenti siano la priorità perchè vediamo una fine, possiamo mettere una spunta sulla nostra to do list ma cosa portano a noi come persone? Quanto ci fanno avvicinare a quella visione?

Ve lo siete mai chiesti?

Le cose importanti, proprio perchè la maggior parte delle volte non urgenti,

sono facili da procrastinare

Quel famoso “mettere i sogni nel cassetto”….

Nella Eisenhower box noi facciamo proprio un punto della situazione di tutti gli impegni, giornalieri, settimanali, dipende da noi…

Dividiamo tutto ciò che dobbiamo fare in quattro aree:

Da una parte avremo ciò che è urgente ed importante da tenere in considerazione, perchè non rimandabile come bollette, rispondere a determinate mail di lavoro o andare a prendere i bambini a scuola. 

Dall’altra di conseguenza avremo ciò che è importante ma non è urgente, che vogliamo schedulare proprio perchè sappiamo che sono le cose più facili da mettere in un angolo eppure importanti al nostro vero benessere: qui andiamo dalla lezione di yoga, ok sono di parte, alla stesura del libro dei nostri sogni, la lettura di determinato manuale, la meditazione o tutto ciò che alimenta chi vogliamo essere.

Gli ultimi due quadrati riguardano ciò che possiamo delegare e ciò che possiamo eliminare: nel primo c’è tutto ciò che è urgente ma non importante come nell’assurdità cucinare o gestire le cose pratiche di casa, cose che ad esempio si può iniziare in coppia a fare a turno, mentre nell’ultimo riquadro c’è tutto ciò che non essendo nè urgente e nè importante si può decisamente eliminare e qui c’è tutto ciò che facciamo spinti spesso dal vorticoso mondo intorno a noi come mettersi al passo con le serie tv, vedere mille storie su instagram di gente che manco ci interessa o ci motiva e via dicendo.

Se volete capirci qualcosa meglio vi consiglio nuovamente il video di Cecilia che vi lascio alla fine di quest’articolo.

Grazie per aver passato con me alcuni dei vostri 1440 minuti e ricordate che il domani, seppur solo una soglia come tante, non è garantito a nessuno. 

Tenete il cuore alto. 

Dove stanno gli obiettivi?

Ha davvero senso vedere la vita come una montagna da scalare? Quanti modi di dire limitanti ed obsoleti ci portiamo dietro? Esiste un modo diverso per vedere questa avventura, un modo che ci faccia sentire più a nostro agio con le possibilità e gli impresti della vita?

Buon giorno viaggiatori, qui Gaia Castiglioni, la vostra creatrice di soglie.

Oggi apriamo una porta del tutto italiana, più o meno, lui è Just Mick tale Matto Micodelli esploratore del pensiero controintuitivo ed animale decisamente curioso. 

Nel suo video “Al diavolo la vetta” ci permette di riflettere proprio su questa analogia della vita che, almeno una volta, tutti abbiamo citato….

La vita è come una montagna

Ma dove stà il suo limite? C’è una soglia dalla quale possiamo avere una visuale migliore?

La vetta mette ansia, diciamocelo:  sottintende un puntare in alto che prevede fatica, un viaggio generalmente tortuoso, un paragonarsi ad altri che stanno più in alto o sotto di noi, innesca tutta una serie di discorsi sulla performance, obiettivi e risultati, sul non poter mollare mai, nemmeno se ci si accorge di aver sbagliato vetta o proprio catena montuosa.

Dice Mick “la vetta non tiene conto della vita, del fatto che magari imparerò cose che mi faranno pensare e scegliere diversamente”

Come analogia, quella della montagna, può andare bene per obiettivi fissati nel breve periodo ma la vita in sè non è un qualcosa da raggiungere, non è una croce sopra un monte o una spunta in agenda.

Quante cose continuiamo a fare con l’idea in testa che mollare sia da perdenti, che portare a termine sia un imperativo?!

Così però, finiamo per abitare in un futuro pieno di variabili: quando avremo, quando saremo; ci perdiamo il presente con le sue opportunità dimenticandoci che “quello che saremo è un’unione di vari punti di quello che già esiste oggi intorno a noi” come dice superbamente Mick.

Allora perchè non vedere la vita come un viaggio in mare dove ogni porto è quello di cui abbiamo bisogno oggi?! 

Nessuna critica, nessun paragone, nessun confronto: noi che navigando impariamo a navigare meglio.

Noi che andiamo, che nonostante le coordinate impostate tra correnti, venti, temporali, amici incontrati a caso in posti inaspettati, finiamo per trovarci da tutt’altra parte rispetto ai piani e sai che c’è?!

Va bene.

L’obiettivo è secondario all’esperienza, nessuna vetta ma un andare per porti ed accumulare vita vissuta pienamente, vita che trova ragion d’essere ad ogni sbarco perchè ogni porto in cui finiamo è quello di cui abbiamo bisogno oggi.

 Perchè, in fondo, siamo sempre dove dobbiamo essere perchè lo siamo.

Mi ripeto

Siamo sempre dove dobbiamo essere perchè lo siamo. 

“Il cammino della storia dunque non è quello di una palla da biliardo, che una volta partita segue una certa traiettoria, ma somiglia al cammino di una nuvola, a quello di chi va bighellonando per le strade, e qui è sviato da un’ombra, là da un gruppo di persone o da uno strano taglio di facciate, e giunge infine in un luogo che non conosceva e dove non desiderava andare, L’andamento della storia è un continuo sbandamento. Il presente è sempre l’ultima casa al margine, che in qualche modo non fa più completamente parte delle case della città”

Robert Musil, L’uomo senza qualità. 1930

Che tu possa perderti per ritrovarti non dove pensavi di dover essere ma dove è bene che tu sia.

Tieni il cuore alto. 

Il video da cui ho tratto ispirazione, dura 10 minuti e fidati se ti dico che ne vale decisamente la pena.

I tranelli nel viaggio dell’eroe

Cosa fare quando ci si sente bloccati all’interno della propria vita? Può il viaggio dell’eroe esserci d’aiuto? Quali sono i più comuni fraintendimenti?

Perché si parla spesso di viaggio dell’eroe

Cosa accomuna le varie vicende mitologiche?

Secondo Joseph Campbell il protagonista di ogni storia intraprende un percorso che si può dividere in 12 tappe, tappe che, con sfumature diverse, sono andate a formare la costola dei più famosi romanzi o film di successo moderno.

Questa fortuna è data, almeno in parte, dal fatto che la successioni di eventi così presentata dal professore, per anni considerato uno dei maggiori esperti di mitologia, risuona più o meno inconsciamente col nostro sistema di evoluzione interno.

Come il teatro e la tragedia sono stati per anni lo scenario di una catarsi, lo spettatore immedesimandosi nell’opera si permetteva di vivere e lasciar andare le paure della quotidianità, così attraverso le storie ed i racconti i lettori esplorano il percorso di crescita provando a riproporlo poi nella propria vita o ad usarlo come bussola per capire a che punto si è della propria storia personale.

Le 12 fasi del viaggio dell’eroe

Il viaggio di trasformazione racconta dal passaggio dal mondo ordinario a quello straordinario ed il suo successivo ritorno con occhi nuovi e nuove consapevolezze.

Ma avviene quindi così per ogni persona del mondo?

Ovviamente no, quello a cui fa riferimento Campbell non è l’ordinaria vita delle persone ma ciò che si mette in moto nel momento in cui decidiamo di interrogarci più a fondo e confrontarci con i nostri limiti.

La chiamata che l’eroe riceve è spesso semplicemente l’unione di curiosità e meraviglia: ci si rende conto che c’è altro, un pò se ne è spaventati ma l’evolversi dei fatti porta a quella che viene definita la prima soglia, delle volte è un libro, altre un’incontro ed altre volte ancora un insieme delle due.

Uscire dalla zona di confort è come possiamo chiamare il mondo straordinario che succede a quel primo passo: lo spazio che troviamo è quello che ci mette alla prova, ci chiede di rivalutare le nostre credenze, le nostre esperienze fino alla nostra stessa idea di vita. Solo attraversata quella che viene spesso definita “la notte buia dell’anima” cioè il trovarsi faccia a faccia con la propria verità, il viaggiatore, l’eroe, è in grado di ricevere il premio ed intraprendere la via del ritorno.

Come il cigno che ha avuto il coraggio di guardare per davvero il suo riflesso nell’acqua così l’eroe rinasce al mondo ordinario portando con sè un nuovo elisir, un nuovo talento, un concreto strumento spendile dagli altri che assicuri ed attesti la reale trasformazione.

Approfondimenti e spunti interessanti sul viaggio dell’eroe li potete trovare sul blog di efficacemente, che vi consiglio in generale di frequentare, ed in un articolo di Sandra Fratticci in cui la narrazione viene affrontata attraverso il cinema.

Tutto chiaro quindi? Vado e torno.

Per quanto esistano decine e decine di articoli su questi 12 passi, molti rimangono i tranelli lungo la strada, forse oggi ancor più di ieri.

Il guru

La prima sfida che l’eroe moderno deve affrontare è Internet e la possibilità di fare qualsiasi corso on line: la moltitudine di opportunità da un lato rende il percorso alla portata di tutti e dall’altro rende tutti capaci di eleggersi maestri illuminati di questa o quella disciplina. La buona notizia?

Hanno tutti qualcosa da insegnarci e quello che ha prima vista può sembrare un pessimo investimento fatto sull’onda dell’entusiasmo, può in realtà nascondere un grande campo di apprendimento magari semplicemente diverso da quello che avevamo in mente.

Il dramma fa tendenza

I mezzi d’informazione moderna danno grande risalto alla cronaca, esaltano il conflitto e spesso alimentano la sfiducia ed il sospetto; in questo clima la tentazione di cercare di stare sempre peggio di qualcun altro, quel famoso “beato te, sapessi io…” che segue l’ammettere di stare bene, può diventare molto forte.

Sembra che lamentarsi faccia tendenza ma è solo un’apparenza: imparare a circondarsi di persone proattive ed iniziare a scegliere attentamente ciò a cui diamo attenzione è uno dei modi per evitare di arrivare a considerare il dolore la propria comfort zone.

Il rischio d’altra parte è fermarsi al mondo straordinariamente complicato e avverso: focalizzarsi maggiormente su ciò che ci accade, e quindi unicamente reagire, piuttosto che coltivare l’equilibrio e portare l’attenzione su cosa rimane sotto la nostra sfera d’influenza.

L’elisir

Pensavi che la sfida fosse mettersi in gioco, credere in te stesso, così nonostante tutti i dubbi, determinato a fare la tua parte, sei sceso nelle buie profondità, nel ventre umido e freddo della balena, hai affrontato le ombre minacciose uscendone vittorioso.

E ora?

La verità è che la maggior parte delle storie si ferma qui, a quel vissero felici e contenti che non ci racconta di come l’eroe abbia poi convertito tutte le cose apprese in doni da condividere in un mondo pieno di eroi.

La differenza rispetto al passato è che siamo consapevoli di essere tutti protagonisti e comparse; al centro della nostra storia ma più o meno ai margini di quella di molti altri, per periodi più o meno lunghi.

Leggiamo una storia, ci emozioniamo, ci sentiamo coraggiosi, attraversiamo la zona di comfort, ci addentriamo nella foresta, attraversiamo la notte buia dell’anima per emergere come individui nuovi, qualcosa in noi è cambiato e sentiamo forte il desiderio di condividerlo, di essere delle guide, sappiamo che quel dare sarà l’unica prova tangibile del cambiamento.

E qui ci sentiamo un pò morire perchè ci sembra che il mondo sia già pieno di eroi e contenuti, che in Internet si trovi di tutto; ci dicono che se pensiamo così non abbiamo ancora trovato la vera rivelazione, che le ombre che abbiamo affrontato non erano abbastanza, che potevamo fare di più.

Ci ritroviamo di fatto bloccati nel ventre scuro della balena, decisi a restare immobili in quel sotto finché non avremo ben chiaro come attestare al mondo che siamo davvero persone migliori.

Piuttosto che un viaggio di andata e ritorno sembra una perenne autoflagellazione.

L’eroe è chiamato a portare il suo dono nel mondo dell’ordinario è vero, il fraintendimento però è quella convinzione subdola, figlia della globalizzazione, che debba essere un evento in mondovisione, la performance del secolo.

L’elisir che stringiamo al ritorno è una goccia di serenità e non la presunzione di insegnare alle genti come essere sereni, elevandoci al ruolo di Messia che bonifica l’oceano.

Essere eroi moderni

Essere eroi moderni significa staccare il cellulare e spegnere la televisione ogni volta che si parla di talento o di crescita personale, ed aver la forza di uscire in mezzo alla natura per osservare la meravigliosa unicità del singolo.

Significa partire per il viaggio con l’assoluta consapevolezza che siamo noi quelli che camminano la strada.

Significa sapere che, per quanto l’apparenza ci spinga a pensare che la vera vita sia quello dello schermo, in verità, al di là di esso, ci sono persone esattamente come noi che spesso nascondono le lacrime ed i fallimenti; persone che, al di là delle nostre supposizioni, considerano talenti il riuscir ad essere amorevoli genitori o saper ascoltare gli altri mentre il saper vendere un prodotto come una competenza che hanno solo studiato.

Si luce nel mondo, del tuo di mondo.

Obiettivo tempo di valore

Perché vivere un tempo di valore deve rientrare tra i tuoi obiettivi per un 2021 senza ansia

Stanchezza, ansia, difficoltà di concentrazione. Abbondanza, produttività, chiarezza. Cos’hanno in comune tutte queste parole? Esiste un collegamento tra tutti questi sintomi ed il nostro modo di vivere il tempo? Quanto le convezioni sociali pesano sul nostro mondo interiore? Scegliere di dare nuovo valore al tempo può aiutarci a raggiungere un benessere completo e profondo?

Nel momento in cui ci rendiamo conto che tutte queste parole sono un riflesso di azioni e pensieri e non la nostra essenza, sono reazioni che non definiscono chi siamo a meno che non siamo noi stessi a farlo, allora si apre uno spiraglio per un benessere che va al di la di ogni attributo o circostanza esterna. Infatti la prima cosa che riconquistiamo è il tempo: nel momento in cui riusciamo a fare un passo indietro rispetto a sensazioni come l’ansia o la produttività ad ogni costo, iniziamo a concederci il presente.

Stanchezza, ansia, difficoltà di concentrazione. Cos’hanno in comune tutti questi sintomi?

Sono in spiaggia, al lago. Il vento è una di quelle brezze “al punto giusto”: abbastanza forte d’alleggerire il caldo di mezzogiorno ma non eccessivamente da risultare molesto, un vento di quelli che ti permette di sederti comodamente sugli scogli a riva, coi piedi in ammollo ed un libro esente da spruzzi.

Ho staccato gli occhi dalle parole, mi sono presa tempo per un bel respiro, ho lasciato vagare lo sguardo sulle onde, verso il profilo della città sulla riva opposta e poi su fino al cielo costellato da sporadiche e leggere nuvole bianche. Ho sentito che il tempo mi apparteneva pienamente ed io lo stavo vivendo nella maniera migliore.

Mi sono sentita abbondante e prospera, mi sono sentita una di quelle che “ce l’ha fatta”, gongolante del mio successo sono tornata a guardare al tempo come all’unica vera ricchezza. Nessuna fretta, solo opportunità.

Poi è suonato il timer ed i miei venti minuti di pausa sono finiti. Ho riposto veloce il libro nella borsa e mi sono infilata la maglietta al volo mentre già i miei passi mi portavano lontano.

Ho sentito con precisione l’emergere dell’ansia della serata a lavoro verso cui mi stavo incamminando, stavo andando in overthinking a due minuti dalla beatitudine. L’overthinking, letteralmente il pensare troppo, è quel rimuginare costante che ci porta a vivere in un tempo passato o futuro ma non nel tempo presente quello in cui, a ben vedere, possiamo davvero fare la differenza. Se vuoi approfondire ti lascio il link del team di Efficacemente che affronta nel dettaglio l'”Overthinking: quando pensare troppo diventa un problema

Il presente e le sfere d’influenza

Per vivere un tempo di valore due sono le strategie che dobbiamo attuare:

  • scendere a patti con la nostra umanità e, mettendo per un attimo da parte le pressioni date da questa Società delle performance, diventare consapevoli di quali siano obiettivamente le nostre sfere d’influenza. Cosa cioè è davvero sotto il mio controllo, dove posso AGIRE anche con piccole azioni giornaliere come il ritagliarmi del tempo per me stessa , cosa posso influenzare quindi cosa posso PIANIFICARE, ad esempio all’interno di un ambiente lavorativo ho il potere di scegliere come reagire ad eventi che posso essere fuori dal mio diretto controllo, posso prepararmi a sopportare una cena di famiglia focalizzandomi sulla consapevolezza che comunque vada imparerò qualcosa fosse anche la presenza di dinamiche che non voglio reiterare nella mia vita, ed infine cosa posso LASCIAR ANDARE, il passato ad esempio è un tempo su cui non ho controllo e su cui è inutile investire ansie ed energie. Potrai trovare questo schema in differenti declinazioni, trova quella che meglio si adatta alla tua vita in modo da farne uno strumento pratico a cui ricorrere ogni volta in cui ti senti sopraffatto dagli eventi e dalle situazioni.

L’immagine di riferimento è presa dall’articolo sul Locus of control di Lucia Barbieri

  • onorare il TEMPO PRESENTE coltivando l’attenzione e la gratitudine. Ognuno di noi si sente speciale, spesso viviamo con la sensazione di essere dei principi scambiati nella culla, aspettiamo il momento in cui un nostro gesto o meglio ancora, uno sconosciuto di passaggio, ci riconosca per quello che davvero siamo. Viviamo aspettando che qualcuno ci veda e camminiamo nel mondo senza davvero riconoscere il valore degli altri: siamo troppo occupati in confronti e paragoni per riconoscere l’unicità ed il valore di ogni essere così così come di ogni nostro battito.

Ciò che diamo agli altri è ciò che stiamo dando a noi stessi, quindi non diamo agli altri ciò che non diamo a noi stessi

Roberta Zanetti

Tempo di valore e potere personale: non cambierai domani.

Stanchezza, ansia, difficoltà di concentrazione. Abbondanza, produttività, chiarezza.

Sono tutti sintomi del nostro potere persone in azione: la nostra capacità di scegliere ed essere responsabili di noi stessi. Solo lasciando perdere tutto ciò che è fuori dalla nostra sfera di controllo ed influenza, lasciando fuori il giudizio o quello che pensiamo sia l’aspettative degli altri nei nostri confronti, possiamo riscoprire l’enorme potenzialità del momento presente.

Fidati: non cambierai domani. Leggere questo articolo non farà di te una persona migliore ma l’attenzione costante e la pratica potranno fare miracoli. Le cose che puoi fare sono gesti concreti che richiedono tempo, proprio quel tempo che puoi scegliere sia o meno di valore. Iniziare a fare attenzione alle cose per cui sei grato, dal poterti muovere fino al saper cucinare, o redigere una lista delle cose che ti preoccupano provando ad inserirle nello schema che abbiamo visto sopra sono solo due delle azioni concrete che puoi fare fin da subito.

Ricorda: la volontà è un muscolo e va allenato ogni giorno.

I pensieri non sono verità, sono abitudini.

Le abitudini modellano la nostra vita e decidono l’esito dei nostri sogni.

Roberta Zanetti

Sensi di colpa e Amore

Diventi adulto quando ti assumi la responsabilità di deludere i tuoi genitori. Quando accetti il rischio di ferirli, di contrariarli, di contraddirli.

Quanto amore dietro le scelte più banali, quanta gratitudine al dì là delle decisioni più rimuginate?

Le donne della mia vita sono mondi imperfetti nei quali amo perdermi e ritrovarmi; sono occasioni di profondità e, anche se non lo sanno sempre, loro sono il mio oceano, il mio abisso, ed io faccio sub. Ho imparato che il loro buio è il mio buio e mi piace: poter abbracciare da fuori un problema, intravvedere una soluzione e metterla in pratica nella vita, la mia.

I viaggiatori hanno occhi grandi e, spesso, valigie di sensi di colpa.

Perché partire non è solo comprare un biglietto aereo, ma anche lasciare la casa del sangue e la società in cui essa è inserita per cercare di giocare con altre regole, le tue e per provare a stare ad un altro passo, il tuo.

“Diventi adulto quando ti assumi la responsabilità di deludere i tuoi genitori” perché in fondo ciò che ogni figlio vorrebbe è amore: vuole sentirsi accettato e degno di quel primo micro mondo che è la famiglia, vuole che si sia orgogliosi di lui e forse, per un certo periodo, che loro siano orgogliosi di noi è più importante che esserlo noi di noi stessi.

Poi, capita, che uno si accorge che più cerca di stare a quel passo più affanna. Capita che sei arrabbiato, sempre, e non sai più perché. Succede che nulla ti emoziona, che tutto ti annoia, e sei semplicemente stanco. Di te.

Ti rendi conto che quel senso di colpa in cui inciampi quando vai oltre l’affanno, la rabbia o la noia, è un profondo ma limitante amore.

E’ un rito di passaggio, una catarsi. Ti rendi conto che volente o meno non potrai mai essere perfettamente “come pensi loro ti vogliano” anche solo perché fate parte di due generazioni diverse, perché il posto fisso o la casa di proprietà non sono più l’obiettivo primario della società in cui vivi. Finisce che ti trovi di fronte alla scelta di essere genitore di te stesso.

Ti rendi conto che è tempo di sollevarli dall’incarico per quanto destabilizzante possa essere.

Licenziare i propri genitori dal ruolo di “detentori della verità” non è un atto teatrale esterno, non prevede urla o discussioni ma la presa di consapevolezza interna che è tempo per il Sé di riappropriarsi del suo potere, una atto di responsabilità, il decidere o forse, il semplice rendersi conto che alla fine del viaggio, nella solitudine degli ultimi istanti, l’unico giudice presente sarai tu. Tu solo osserverai la tua vita e saprai se è stata davvero una di quelle che valeva la pena vivere.

Renditi orgoglioso. Renditi felice.


Ci fu un attimo di silenzio.

“Ma sei completamente impazzito?” chiese poi rianimandosi all’improvviso. “Con la crisi che c’è in giro lasci un lavoro in banca? Ma sei scemo, Luca? Che ti passa per la testa? Cristo santo, che follia è mai questa?”

“E’ una follia, si. Ma è la cosa giusta. E’ l’unica cosa giusta”

“Luca dimmi che è uno scherzo” disse mia madre con un filo di voce.

Mi avvicinai a lei e le presi le mani nelle mie. Mi ero preparato con sofferenza a quel momento.

“Mamma, voglio che mi ascolti bene. So che tutto questo ti sta agitando molto. So che ti comporti in questo modo perché mi vuoi bene. So che cerchi di proteggermi…ci hai sempre provato. Ma non sono più un bambino. Sono un uomo adulto. Accettalo. E accetta il fatto che non tutto debba sempre andare come vorresti tu. Le tue priorità non sono le mie. Ciò che per te è importante magari non lo è per me..ma lo rispetto comunque. Ti chiedo di fare lo stesso: anche se ora non lo capisci, anche se ti sembra che io stia buttando via la mia vita, ti prego di capirmi. Non ostacolarmi. Non supportarmi, se non vuoi o non ci riesci. Ma non rendere tutto più difficile di quanto già è.”

Glielo dissi guardandola negli occhi. Lei non distolse lo sguardo neanche per un secondo. Poi mi rivolsi a entrambi.

“C’è una cosa che ho capito solo recentemente, ma ci credo molto…chi ti ama davvero vuole vederti felice, anche se ciò significa lasciarti andare. Chi ti vuole vicino e infelice, invece, ha a cuore solo la sua felicità. Non siate quel genere di genitori. Non vi ho mai chiesto niente, ma questa volta sì….siate felici di lasciarmi andare. Siate felici di vedermi partire…vi prego.”

Quando finii, mia madre disse solo due parole, ma furono la miglior dichiarazione di affetto che mi avesse mai fatto.

“Va bene.”

La ringraziai con gli occhi.

“Ma come, va bene?” chiese mio padre. “Questo si è licenziato per viaggiare e va bene? Ma che diavolo state dicendo? Siete impazziti tutti e due?”

“Tu non puoi capire” dissi a mio padre.

Mio padre fu colpito in pieno dalla mia risposta, criptica e al tempo stesso perfettamente comprensibile.

“Come vi dicevo, parto” ripresi. “Vado a Bali…”

“A Bali?” chiese lui sbalordito.

“…con un biglietto di sola andata” prosegui senza badare alla sua reazione. “Non so quanto ci starò. Non so ancora niente in realtà”

“Ma perché fai questa cosa?”

Guardai mia madre, e in quel momento mi parve più magra e fragile che mai. Nei suoi occhi, però, leggevo qualcosa che mi diede un gran coraggio: comprensione. Forse ciò che stavo facendo lo avrebbe voluto fare lei tanti anni prima. Scappare da mio padre, lasciarsi alle spalle il dolore e l’infelicità. Incredibilmente, fui grato a Sara di avermi tradito e aver scongiurato quello scenario. Con un anello al dito e un figlio, forse non avrei più potuto fare una cosa del genere.

“Scappo dalla mia infelicità. Scappo da Sara che mi ha strappato un sogno. Scappo da questa città che non ho mai amato. Sento il bisogno di scappare, andare lontano. Voglio stare un pò da solo, ma non qui. Con tutti i fantasmi che ho nella testa e con tutto ciò che ho intorno, non riuscirei mai a stare da solo. Ho bisogno di silenzio…ho bisogno di partire.”

Nessuno dei due disse più nulla.

Come una notte a Bali, Gianluca Gotto

Questo secondo Capodanno

Me lo immagino questo nuovo inizio, un secondo capodanno, la lista dei buoni propositi: più cura di me, più tempo di valore, più allenamento e più felicità, più investimento sui miei talenti.

Yeah! WOW!

Come no!

Quindi via di corsi di yoga e di crescita personale! Obiettivo la miglior versione di sè.

Yeah! WOW!

Ho pensato di stilare per voi, Cari, la mia personale lista delle più comuni tentazioni, dei tranelli interni ed esterni, in cui si può cadere nella scelta di una strada per la ormai inflazionata “Versione Migliore di Sè”, per evitare che nell’entusiasmo della ripartita la VMdS finisca per essere solo l’ennesima gabbia o frustazione.

Partiamo quindi con:

1. Chiarisci il tuo o i tuoi PERCHÉ

Cos’è il successo? Cos’è il talento per te? Cos’è la libertà finanziaria? Quali sono i modelli positivi a cui ti ispiri?

Se non abbiamo chiaro il perché e cosa stiamo cercando, rischiamo di andare incontro a delusioni e fraintendimenti.

Desidero un lavoro su di me accogliente e delicato? C’è Alice di Ritualmente. Ho bisogno di un taglio più maschile, pochi fronzoli e decine di articoli in cui sfogare la mia voglia di iniziare a capirci qualcosa, sempre con un occhio rivolto al fare? C’è Andrea Giuliodori ed Efficacemente. Sento che è il momento di entrare più in profondità, voglio un lavoro che mi impieghi tempo ed un bel pò di sforzo, d’indagine, di messa in discussione, con un pizzico di atmosfera magico galattica? Roberta Zanetti con Supernova. Poi c’è Cecilia Sardeo col suo taglio giovanile e Nicole Zunino col suo sorriso che affrontano la crescita di un business consapevole mettendo tutte le loro competenze in gioco, la community di Meverick’s di Federico Pistono e l’ironia di Just Mick.

Questi sono solo alcuni dei professionisti, la cui unicità, può aiutarci a far luce su noi stessi per ottenere la famosa vita che desideriamo. Solo se abbiamo ben chiaro che “così come non esiste un’unico tipo di pizza non esiste un modello unico di felicità uguale per tutti” ci concederemo del tempo per osservare le diverse alternative alla ricerca di cosa in questo momento è più in linea coi nostri valori, le nostre necessità ed i nostri bisogni.

Mal che vada si può sempre partire dal classico di Simon Sinek “Partire dal Perchè”, più d’ispirazione di così.

2. Avrai bisogno di investire spazio e tempo

Diffida da chi evita accuratamente di sottolineare che per ottenere qualche risultato bisogna rimboccarsi le maniche e metterci determinazione e costanza. Diffida dal “tutto e subito”, dagli estremi e dall’assolutismo sfacciato.

I migliori insegnanti non ti chiederanno di credere per fede ma ti inviteranno a mettere in discussione ogni tua certezza e provare a seguirli per un periodo medio lungo che va da un mese ad un anno.

Evita di pretendere da te stesso di imboccare la strada perfetta al primo colpo. Io non conosco nessuno che l’ha fatto, ma conosco invece moltissime persone che hanno passato i primi anni della ricerca a cambiare e provare, conoscendosi sempre un pò di più e scoprendo, lungo la via, che le prime esperienze erano spesso prese sull’onda di una moda, di un’idea astratta o di una “dis-conoscenza” di sé stessi.

3. E’ un investimento monetario

Così come non hai accesso gratuito alla palestra, allo stesso modo i migliori allenamenti per i muscoli interni sono a pagamento. La maggior parte dei personaggi di cui ti ho parlato sopra hanno canali youtube, account social o blog in cui mettono a disposizione strumenti gratuiti, nei quali puoi iniziare a familiarizzare col loro personale modo di affrontare i diversi argomenti e cercare di capire se ed in che ambito fanno per te, ma la vera differenza la troverai impegnandoti prima di tutto economicamente, compiendo una scelta ed impegnandoti a trarre il massimo da questa.

Quindi si alla lista dei buoni propositi, si alla voglia di uscire da questo periodo imboccando una nuova strada, si all’entusiasmo da sole cuore e amore ma sempre ricordando che la vera differenza, all’inizio di un cambiamento, la fanno le domande e la strada che si decide di percorrere nella ricerca delle proprie personali risposte.

Girare nudi per casa. Istruzioni.

Post Instagram perfetti in un mondo che perde autenticità.

Girate nudi per casa. Con le luci spente.

Che ci sia almeno un mondo, seppur silenzioso, che si fregi come d’oro delle tue imperfezioni e dei tuoi sorrisi timidi.

Accetto che spesso i social media, e quello che tirano fuori delle persone, faccia sentire soli ed indifesi, faccia sentire vulnerabili e fragili, però tu sei bellissima e nel buio, sola col tuo corpo, quello che celebri è la luce che sei.

Nel buio innamorati di te.

Preparazione

Staccate telefoni o altri eventuali apparecchi elettronici, dedicatevi all’ozio più puro, quello che permette, in un momento di profonda e consapevole noia, il riposo della parte più razionale in voi e il risveglio del genio ribelle.

Date modo all’assurdo di superare i blocchi e le convenzioni imposte dalla società immergendovi completamente in qualcosa di catartico come osservare il soffitto o le etichette dei prodotti da bagno.

Procedimento

Aspettate che arrivi la sera poi toglietevi vestiti e biancheria intima. Tutto. Girate nudi per casa.

Lasciate che i vostri occhi si abituino alla penombra, fidatevi, mica è vero buio, camminate cauti, sentite la totalità dell’aria sul vostro corpo, tra le gambe e sotto le ascelle, ciò che rimane delle coperte stropicciate o dei vestiti, vivete la leggerezza ed il peso del vostro corpo nel/sul/dentro il mondo. Sentite il contatto, la bellezza di un istinto e l’emergere furtivo delle abitudini che in quegli spazi avete creato e se vi sentite eroici: ballate.

Provate a non mettere la musica, provate a non avere altro che voi.

La fanno il vostro corpo e l’aria la musica, la fanno i rumori in lontananza ed il vostro respiro.

Precauzioni e avvertenze 

Se siete in collaborazione con bambini di età inferiore agli 8 anni o adulti particolarmente disordinati, controllate nel corso delle due ore precedenti alla pratica che il vostro spazio sia il più possibile agibile. Nel caso durante la pratica avvenga di schiacciare vestiti, peluche o penne, ricordate di mantenere il focus sull’esperienza in corso.

Può generare imbarazzo ed eccitamento a causa del riconoscimento della propria profonda bellezza.

Spogliamo il nudo di volgarità

Siamo una società che sta cercando di riappropriarsi di parole neutrali che il passato ha riempito di pornografia e doppi sensi.

Il nudo, la bellezza, il godere del proprio corpo si sono fatti da un lato prepotente virilità e dall’altro occasione di biasimo e vergogna. Il genere umano ha dovuto, come altre volte nel corso della storia, assaggiare i limiti di un’estremismo: ha imposto tabù alle donne ed agli uomini, ha offerto visioni stereotipate della sessualità e del rispetto del corpo si è intestardito alla ricerca di un potere grezzo e poco empatico.

Le rivoluzioni sono la conseguenza di una presa di consapevolezza del singolo, ognuno di noi deve interrogarsi, deve mettersi a nudo per avere il coraggio di osservare senza giudizio i condizionamenti e le credenze che ha tatuato sulla pelle senza nemmeno saperlo.

Solo accorgendoci di noi possiamo accorgerci davvero del mondo: possiamo iniziare a guardare a questo presente da social con sguardo leggero, apprezzare la spontaneità e complimentarci per un profilo ben curato senza sentirci minacciati o in diritto di giudicare.

Non siamo il nostro profilo Instagram come non eravamo ciò che scrivevamo su Myspace e non saremo tutte le parole che Clubhouse ci consentirà di dire.

Noi, e gli altri, siamo di più di quello che lo schermo di un telefono può contenere. Meglio farcene una regione.