Dove stanno gli obiettivi?

Ha davvero senso vedere la vita come una montagna da scalare? Quanti modi di dire limitanti ed obsoleti ci portiamo dietro? Esiste un modo diverso per vedere questa avventura, un modo che ci faccia sentire più a nostro agio con le possibilità e gli impresti della vita?

Buon giorno viaggiatori, qui Gaia Castiglioni, la vostra creatrice di soglie.

Oggi apriamo una porta del tutto italiana, più o meno, lui è Just Mick tale Matto Micodelli esploratore del pensiero controintuitivo ed animale decisamente curioso. 

Nel suo video “Al diavolo la vetta” ci permette di riflettere proprio su questa analogia della vita che, almeno una volta, tutti abbiamo citato….

La vita è come una montagna

Ma dove stà il suo limite? C’è una soglia dalla quale possiamo avere una visuale migliore?

La vetta mette ansia, diciamocelo:  sottintende un puntare in alto che prevede fatica, un viaggio generalmente tortuoso, un paragonarsi ad altri che stanno più in alto o sotto di noi, innesca tutta una serie di discorsi sulla performance, obiettivi e risultati, sul non poter mollare mai, nemmeno se ci si accorge di aver sbagliato vetta o proprio catena montuosa.

Dice Mick “la vetta non tiene conto della vita, del fatto che magari imparerò cose che mi faranno pensare e scegliere diversamente”

Come analogia, quella della montagna, può andare bene per obiettivi fissati nel breve periodo ma la vita in sè non è un qualcosa da raggiungere, non è una croce sopra un monte o una spunta in agenda.

Quante cose continuiamo a fare con l’idea in testa che mollare sia da perdenti, che portare a termine sia un imperativo?!

Così però, finiamo per abitare in un futuro pieno di variabili: quando avremo, quando saremo; ci perdiamo il presente con le sue opportunità dimenticandoci che “quello che saremo è un’unione di vari punti di quello che già esiste oggi intorno a noi” come dice superbamente Mick.

Allora perchè non vedere la vita come un viaggio in mare dove ogni porto è quello di cui abbiamo bisogno oggi?! 

Nessuna critica, nessun paragone, nessun confronto: noi che navigando impariamo a navigare meglio.

Noi che andiamo, che nonostante le coordinate impostate tra correnti, venti, temporali, amici incontrati a caso in posti inaspettati, finiamo per trovarci da tutt’altra parte rispetto ai piani e sai che c’è?!

Va bene.

L’obiettivo è secondario all’esperienza, nessuna vetta ma un andare per porti ed accumulare vita vissuta pienamente, vita che trova ragion d’essere ad ogni sbarco perchè ogni porto in cui finiamo è quello di cui abbiamo bisogno oggi.

 Perchè, in fondo, siamo sempre dove dobbiamo essere perchè lo siamo.

Mi ripeto

Siamo sempre dove dobbiamo essere perchè lo siamo. 

“Il cammino della storia dunque non è quello di una palla da biliardo, che una volta partita segue una certa traiettoria, ma somiglia al cammino di una nuvola, a quello di chi va bighellonando per le strade, e qui è sviato da un’ombra, là da un gruppo di persone o da uno strano taglio di facciate, e giunge infine in un luogo che non conosceva e dove non desiderava andare, L’andamento della storia è un continuo sbandamento. Il presente è sempre l’ultima casa al margine, che in qualche modo non fa più completamente parte delle case della città”

Robert Musil, L’uomo senza qualità. 1930

Che tu possa perderti per ritrovarti non dove pensavi di dover essere ma dove è bene che tu sia.

Tieni il cuore alto. 

Il video da cui ho tratto ispirazione, dura 10 minuti e fidati se ti dico che ne vale decisamente la pena.

I tranelli nel viaggio dell’eroe

Cosa fare quando ci si sente bloccati all’interno della propria vita? Può il viaggio dell’eroe esserci d’aiuto? Quali sono i più comuni fraintendimenti?

Perché si parla spesso di viaggio dell’eroe

Cosa accomuna le varie vicende mitologiche?

Secondo Joseph Campbell il protagonista di ogni storia intraprende un percorso che si può dividere in 12 tappe, tappe che, con sfumature diverse, sono andate a formare la costola dei più famosi romanzi o film di successo moderno.

Questa fortuna è data, almeno in parte, dal fatto che la successioni di eventi così presentata dal professore, per anni considerato uno dei maggiori esperti di mitologia, risuona più o meno inconsciamente col nostro sistema di evoluzione interno.

Come il teatro e la tragedia sono stati per anni lo scenario di una catarsi, lo spettatore immedesimandosi nell’opera si permetteva di vivere e lasciar andare le paure della quotidianità, così attraverso le storie ed i racconti i lettori esplorano il percorso di crescita provando a riproporlo poi nella propria vita o ad usarlo come bussola per capire a che punto si è della propria storia personale.

Le 12 fasi del viaggio dell’eroe

Il viaggio di trasformazione racconta dal passaggio dal mondo ordinario a quello straordinario ed il suo successivo ritorno con occhi nuovi e nuove consapevolezze.

Ma avviene quindi così per ogni persona del mondo?

Ovviamente no, quello a cui fa riferimento Campbell non è l’ordinaria vita delle persone ma ciò che si mette in moto nel momento in cui decidiamo di interrogarci più a fondo e confrontarci con i nostri limiti.

La chiamata che l’eroe riceve è spesso semplicemente l’unione di curiosità e meraviglia: ci si rende conto che c’è altro, un pò se ne è spaventati ma l’evolversi dei fatti porta a quella che viene definita la prima soglia, delle volte è un libro, altre un’incontro ed altre volte ancora un insieme delle due.

Uscire dalla zona di confort è come possiamo chiamare il mondo straordinario che succede a quel primo passo: lo spazio che troviamo è quello che ci mette alla prova, ci chiede di rivalutare le nostre credenze, le nostre esperienze fino alla nostra stessa idea di vita. Solo attraversata quella che viene spesso definita “la notte buia dell’anima” cioè il trovarsi faccia a faccia con la propria verità, il viaggiatore, l’eroe, è in grado di ricevere il premio ed intraprendere la via del ritorno.

Come il cigno che ha avuto il coraggio di guardare per davvero il suo riflesso nell’acqua così l’eroe rinasce al mondo ordinario portando con sè un nuovo elisir, un nuovo talento, un concreto strumento spendile dagli altri che assicuri ed attesti la reale trasformazione.

Approfondimenti e spunti interessanti sul viaggio dell’eroe li potete trovare sul blog di efficacemente, che vi consiglio in generale di frequentare, ed in un articolo di Sandra Fratticci in cui la narrazione viene affrontata attraverso il cinema.

Tutto chiaro quindi? Vado e torno.

Per quanto esistano decine e decine di articoli su questi 12 passi, molti rimangono i tranelli lungo la strada, forse oggi ancor più di ieri.

Il guru

La prima sfida che l’eroe moderno deve affrontare è Internet e la possibilità di fare qualsiasi corso on line: la moltitudine di opportunità da un lato rende il percorso alla portata di tutti e dall’altro rende tutti capaci di eleggersi maestri illuminati di questa o quella disciplina. La buona notizia?

Hanno tutti qualcosa da insegnarci e quello che ha prima vista può sembrare un pessimo investimento fatto sull’onda dell’entusiasmo, può in realtà nascondere un grande campo di apprendimento magari semplicemente diverso da quello che avevamo in mente.

Il dramma fa tendenza

I mezzi d’informazione moderna danno grande risalto alla cronaca, esaltano il conflitto e spesso alimentano la sfiducia ed il sospetto; in questo clima la tentazione di cercare di stare sempre peggio di qualcun altro, quel famoso “beato te, sapessi io…” che segue l’ammettere di stare bene, può diventare molto forte.

Sembra che lamentarsi faccia tendenza ma è solo un’apparenza: imparare a circondarsi di persone proattive ed iniziare a scegliere attentamente ciò a cui diamo attenzione è uno dei modi per evitare di arrivare a considerare il dolore la propria comfort zone.

Il rischio d’altra parte è fermarsi al mondo straordinariamente complicato e avverso: focalizzarsi maggiormente su ciò che ci accade, e quindi unicamente reagire, piuttosto che coltivare l’equilibrio e portare l’attenzione su cosa rimane sotto la nostra sfera d’influenza.

L’elisir

Pensavi che la sfida fosse mettersi in gioco, credere in te stesso, così nonostante tutti i dubbi, determinato a fare la tua parte, sei sceso nelle buie profondità, nel ventre umido e freddo della balena, hai affrontato le ombre minacciose uscendone vittorioso.

E ora?

La verità è che la maggior parte delle storie si ferma qui, a quel vissero felici e contenti che non ci racconta di come l’eroe abbia poi convertito tutte le cose apprese in doni da condividere in un mondo pieno di eroi.

La differenza rispetto al passato è che siamo consapevoli di essere tutti protagonisti e comparse; al centro della nostra storia ma più o meno ai margini di quella di molti altri, per periodi più o meno lunghi.

Leggiamo una storia, ci emozioniamo, ci sentiamo coraggiosi, attraversiamo la zona di comfort, ci addentriamo nella foresta, attraversiamo la notte buia dell’anima per emergere come individui nuovi, qualcosa in noi è cambiato e sentiamo forte il desiderio di condividerlo, di essere delle guide, sappiamo che quel dare sarà l’unica prova tangibile del cambiamento.

E qui ci sentiamo un pò morire perchè ci sembra che il mondo sia già pieno di eroi e contenuti, che in Internet si trovi di tutto; ci dicono che se pensiamo così non abbiamo ancora trovato la vera rivelazione, che le ombre che abbiamo affrontato non erano abbastanza, che potevamo fare di più.

Ci ritroviamo di fatto bloccati nel ventre scuro della balena, decisi a restare immobili in quel sotto finché non avremo ben chiaro come attestare al mondo che siamo davvero persone migliori.

Piuttosto che un viaggio di andata e ritorno sembra una perenne autoflagellazione.

L’eroe è chiamato a portare il suo dono nel mondo dell’ordinario è vero, il fraintendimento però è quella convinzione subdola, figlia della globalizzazione, che debba essere un evento in mondovisione, la performance del secolo.

L’elisir che stringiamo al ritorno è una goccia di serenità e non la presunzione di insegnare alle genti come essere sereni, elevandoci al ruolo di Messia che bonifica l’oceano.

Essere eroi moderni

Essere eroi moderni significa staccare il cellulare e spegnere la televisione ogni volta che si parla di talento o di crescita personale, ed aver la forza di uscire in mezzo alla natura per osservare la meravigliosa unicità del singolo.

Significa partire per il viaggio con l’assoluta consapevolezza che siamo noi quelli che camminano la strada.

Significa sapere che, per quanto l’apparenza ci spinga a pensare che la vera vita sia quello dello schermo, in verità, al di là di esso, ci sono persone esattamente come noi che spesso nascondono le lacrime ed i fallimenti; persone che, al di là delle nostre supposizioni, considerano talenti il riuscir ad essere amorevoli genitori o saper ascoltare gli altri mentre il saper vendere un prodotto come una competenza che hanno solo studiato.

Si luce nel mondo, del tuo di mondo.

Questo secondo Capodanno

Me lo immagino questo nuovo inizio, un secondo capodanno, la lista dei buoni propositi: più cura di me, più tempo di valore, più allenamento e più felicità, più investimento sui miei talenti.

Yeah! WOW!

Come no!

Quindi via di corsi di yoga e di crescita personale! Obiettivo la miglior versione di sè.

Yeah! WOW!

Ho pensato di stilare per voi, Cari, la mia personale lista delle più comuni tentazioni, dei tranelli interni ed esterni, in cui si può cadere nella scelta di una strada per la ormai inflazionata “Versione Migliore di Sè”, per evitare che nell’entusiasmo della ripartita la VMdS finisca per essere solo l’ennesima gabbia o frustazione.

Partiamo quindi con:

1. Chiarisci il tuo o i tuoi PERCHÉ

Cos’è il successo? Cos’è il talento per te? Cos’è la libertà finanziaria? Quali sono i modelli positivi a cui ti ispiri?

Se non abbiamo chiaro il perché e cosa stiamo cercando, rischiamo di andare incontro a delusioni e fraintendimenti.

Desidero un lavoro su di me accogliente e delicato? C’è Alice di Ritualmente. Ho bisogno di un taglio più maschile, pochi fronzoli e decine di articoli in cui sfogare la mia voglia di iniziare a capirci qualcosa, sempre con un occhio rivolto al fare? C’è Andrea Giuliodori ed Efficacemente. Sento che è il momento di entrare più in profondità, voglio un lavoro che mi impieghi tempo ed un bel pò di sforzo, d’indagine, di messa in discussione, con un pizzico di atmosfera magico galattica? Roberta Zanetti con Supernova. Poi c’è Cecilia Sardeo col suo taglio giovanile e Nicole Zunino col suo sorriso che affrontano la crescita di un business consapevole mettendo tutte le loro competenze in gioco, la community di Meverick’s di Federico Pistono e l’ironia di Just Mick.

Questi sono solo alcuni dei professionisti, la cui unicità, può aiutarci a far luce su noi stessi per ottenere la famosa vita che desideriamo. Solo se abbiamo ben chiaro che “così come non esiste un’unico tipo di pizza non esiste un modello unico di felicità uguale per tutti” ci concederemo del tempo per osservare le diverse alternative alla ricerca di cosa in questo momento è più in linea coi nostri valori, le nostre necessità ed i nostri bisogni.

Mal che vada si può sempre partire dal classico di Simon Sinek “Partire dal Perchè”, più d’ispirazione di così.

2. Avrai bisogno di investire spazio e tempo

Diffida da chi evita accuratamente di sottolineare che per ottenere qualche risultato bisogna rimboccarsi le maniche e metterci determinazione e costanza. Diffida dal “tutto e subito”, dagli estremi e dall’assolutismo sfacciato.

I migliori insegnanti non ti chiederanno di credere per fede ma ti inviteranno a mettere in discussione ogni tua certezza e provare a seguirli per un periodo medio lungo che va da un mese ad un anno.

Evita di pretendere da te stesso di imboccare la strada perfetta al primo colpo. Io non conosco nessuno che l’ha fatto, ma conosco invece moltissime persone che hanno passato i primi anni della ricerca a cambiare e provare, conoscendosi sempre un pò di più e scoprendo, lungo la via, che le prime esperienze erano spesso prese sull’onda di una moda, di un’idea astratta o di una “dis-conoscenza” di sé stessi.

3. E’ un investimento monetario

Così come non hai accesso gratuito alla palestra, allo stesso modo i migliori allenamenti per i muscoli interni sono a pagamento. La maggior parte dei personaggi di cui ti ho parlato sopra hanno canali youtube, account social o blog in cui mettono a disposizione strumenti gratuiti, nei quali puoi iniziare a familiarizzare col loro personale modo di affrontare i diversi argomenti e cercare di capire se ed in che ambito fanno per te, ma la vera differenza la troverai impegnandoti prima di tutto economicamente, compiendo una scelta ed impegnandoti a trarre il massimo da questa.

Quindi si alla lista dei buoni propositi, si alla voglia di uscire da questo periodo imboccando una nuova strada, si all’entusiasmo da sole cuore e amore ma sempre ricordando che la vera differenza, all’inizio di un cambiamento, la fanno le domande e la strada che si decide di percorrere nella ricerca delle proprie personali risposte.

Sta forse nelle parole il senso delle preghiere?

Un racconto hasidico narra di un contadino povero che, nel rincasare la sera tardi dal mercato, si accorge di non avere con sé il suo libro di preghiere.

Al suo carro si era staccata una ruota in mezzo al bosco ed egli era angustiato al pensiero che la giornata finisse senza aver recitato le preghiere. Allora pregò in questo modo: “Ho commesso una grave sciocchezza, Signore. Sono partito di casa questa mattina senza il mio libro di preghiere e ho così poca memoria che senza di esso non riesco a formulare neppure un’orazione. Ma ecco che cosa farò: reciterò molto lentamente tutto l’alfabeto cinque volte e tu, che conosci ogni preghiera, potrai mettere insieme le lettere in modo da formare le preghiere che non riesco a ricordare”.

Disse allora il Signore ai suoi angeli: “Di tutte le preghiere che oggi ho sentito, questa è senz’altro la più bella, perché è nata da un cuore semplice e sincero”.

Anthony De Mello


Forse i fraintendimenti tra noi ed il Tutto sono iniziati proprio quando abbiamo cominciato a dare valore più alle parole che al sentimento che ci stava dentro.

Per quanto razionalmente, all’interno di un dibattito, saremmo tutti d’accordo nel dire che l’uomo con la barba seduto sul seggio d’oro oltre le nuvole sia un’allegoria, fatichiamo ancora a sentirci davvero parte di lui e nella nostra limitata mente, volenti o meno, ci aspettiamo che ragioni esattamente come noi, con parole e discorsi.

C’è un libricino che mi piace molto, si chiama “La scienza perduta della preghiera” e Gregg Braden, il suo autore, è bravo ad accompagnare con delicatezza il lettore attraverso i dubbi che lascia sorgere; la mia parte preferita osserva come spesso ci relazioniamo alla preghiera come se si trattasse di un’appendice della nostra vita: arriviamo a casa, ci togliamo le scarpe e i ruoli, congiungiamo la mani e creiamo un “angolo spirituale” che è altro rispetto alla nostra identità, alla nostra vita, infatti ad un certo punto smettiamo e torniamo nel mondo reale.

Per me, che manco della delicatezza di Gregg, è come voler esser a dieta un quarto d’ora al giorno e sempre frustrati perché non ci si vede dimagrire. Generiamo pensieri di rancore e di paura abbelliti con attimi di positività che crediamo facciano la differenza.

Può davvero essere tutto qui? Crediamo davvero che ci sia un uomo divino con l’agenda a segnare i più ed i meno della nostra vita? Non è forse che la preghiera è più simile ad una parola di potere che ci permette di rimanere ancorati ad un intimo senso di fiducia oltre al chiacchiericcio della mente?

Se fosse così allora, pregare non è tanto mettere insieme una serie di parole che ci hanno detto essere le migliori, quelle giuste, ma abbracciare un sentimento e mantenerlo vivo “no matter what”; vedere gli alti ed i bassi della vita, le emozioni di gioia come quelle di dolore come oscillazioni di un’illusione, al dì la della quale c’è sempre un’unica fonte.

Quanto si parla di preghiere, un’altra bellissima citazione che mi viene in mente è tratta da “Un impresa da Dio” dove un magnifico Morgan Freeman dice :

“A chi pregando chiede pazienza, credi che Dio dia pazienza? O dia invece l’opportunità di essere paziente? A chi chiede coraggio, Dio lo concede…o dà l’opportunità di essere coraggiosi? A chi chiede la gioia di una famiglia più unita, credi che Dio regali sentimenti rassicuranti o l’opportunità di dimostrare amore?”

Mi piace questo iniziare a far osservare alla gente che quando preghiamo per una mancanza, dato che se chiediamo la pazienza di fatto stiamo riconoscendo di non averne, si attiva intorno a noi l’opportunità di imparare ad averne.

Perché nessuno crede più che pazienza, coraggio o amore scenderanno dal cielo come un’unicorno da un arcobaleno vero?!

Ed è a questo punto che la nostra mente si incarta, che inizia a vivere questa scoperta di grandezza come uno sforzo, che inizia a pregare in quel “ritaglio di spiritualità” senza però lasciarsi coinvolgere dall’emozione, da sentimento, dal come si sentirebbe una persona capace di perdonare, di amore, di scelte coraggiose.

Chiediamo di cambiare senza modificare nulla dei nostri perché, dei valori che ci guidano, delle credenze che ci costituiscono, delle abitudini che ci definiscono e ci arrabbiamo se il piano presenta delle falle. Ammettiamo pregando di non conoscere la pazienza eppure abbiamo la presunzione che la sapremo riconoscere, fatichiamo a renderci conto che “riconosciamo solo ciò che conosciamo” ed è per questo che la preghiera dovrebbe essere un’ancora che ci ricorda, il più spesso possibile, di entrare all’interno delle molteplici sfumature della pazienza, di farle nostre e di radicarle tanto da dimenticarci di pregare per averle.

La preghiera allora diventa la capacità di sentire, di osservare il rapporto che intratteniamo con noi stessi, con gli altri, con Dio; ci permette di vedere quelle che noi percepiamo come mancanze ed intraprendere un viaggio, un moto prima di tutto interiore, verso il ritorno ad un’unità.

“La bellezza, il perdono, la pace, la compassione, il coraggio, semplicemente, esistono. Essi sono già presenti. Si manifestano in ogni luogo ed in ogni momento. Il nostro ruolo è riconoscerli. La vita ci dà l’opportunità di cercarli e di scoprirli, dalle ferite più profonde alle gioie più eccelse, facendone un modello per la nostra esistenza e per noi stessi.”

Ritorni.

Caro Gesù, avrei voluto scriverti una bella lettera, egoista ed ironica, come quelle a cui ti ho abituato in questi anni ma. Ma oggi ti offro solo questa piccola speranza da portare con te, quella di poterci guardare con occhi nuovi. Buon ritorno a casa bro, anche sta volta tocca a te preparare la tavola.